dal 19 settembre al 9 ottobre 2004 il Mantua Jazz Trio è in Texas per un tour

Allmusic.com – Artist: Stefano Caniato – Album Title: Alessia's Blues – Steven Loewy
AMG Rating ****1/2 (four stars and half) – Genre: Jazz
AMG EXPERT REVIEW: Piano trios may be a "dime a dozen", but ones that dig deep and strike a chord are rare. Stefano Caniato is an Italian pianist who knows the standards, but who has also absorbed a history of jazz piano in his improvisations so that his performances exude not only a self–confidence but also an encyclopedic knowledge of the genre. In the process, the talented pianist does add something new, whether in his rollicking blues, "Alessia’s Blues", a highlight of the album, or in his original portrayal of Hoagy Carmichael's "Skylark". Make no mistake about it: Caniato works "within the tradition", but without being a slave to it. He quotes sporadically, with allusions to "Night Train" on "Alessia's Blues", but what is important is that the pianist is always in control. Powerful drummer Riccardo Biancoli hits hard, while bassist Marco Cocconi proves himself a sensitive and more–than–competent performer, as his electric bass sings eloquently. Caniato composed most of the pieces on the album, which convey a singular approach that meshes modern piano harmonies with an appreciation of the past. While Caniato is little known in the States, he exudes a vision that is rarely found among modern mainstream pianists. His work is worth hearing, and this album is a good introduction to it.

– "Jazz Magazine" 519 (trans europe express)
Le Mantua Jazz Trio de Stefano Caniato cultive une veine toute latine, dans un style où l'influence de la tradition du piano jazz domine, mais il le fait avec une sincerité et une fraìcheur telles qu'on se réjouit d’avoir l'opportunité d'ecouter ce trio "provincial" dont la musique aurait pu ne jamais sortir de la Lombardie, la diversité et la vitalité du jazz italien étant proportionelle à sa difficulté à se faire connaitre hors des frontières.
Il Mantua Jazz Trio di Stefano Caniato coltiva una vena tutta latina, in uno stile dove l'influenza della tradizione del piano Jazz domina, ma lo fa con una sincerità ed una freschezza tali che ci si rallegra d’avere l'opportunità di ascoltare questo trio "provinciale" la cui musica avrebbe potuto non uscire mai dalla Lombardia, visto che la diversità e la vitalità del Jazz italiano sono proporzionali alla sua difficoltà a farsi conoscere al di là delle frontiere.


– www.allaboutjazz.com/italy – Alessia's Blues – Stefano Caniato Mantua Jazz Trio (2001, Splasc(H) Records) – Valerio Prigiotti
Alessia's Blues introduce il Mantua Jazz Trio, guidato dal pianista Stefano Caniato, che, con lo sguardo rivolto a Bud Powell e Bill Evans, non cade nel tardo–impressionismo devitalizzato o nel virtuosismo circense che affligge molti suoi famosi colleghi.
Caniato è un pianista antidivo. Le sue frasi sono tutte logiche e ispirate, ricche di swing e un gusto melodico che alterna il fraseggio lineare bebop a passaggi accordali armonizzati con classe. La necessità di dare senso ritmico a ogni frase, anche la più languida e sognante, è sigla costante del suo stile. Delicate e concise, le introduzioni agli standard "How Deep Is the Ocean" e "What a Fool Am I", contengono i germi della forte spinta propulsiva che presto subentra trascinante. Molte sono le finezze di un musicista che non dimentica l'estroverso pianismo swing – come appare in "I'm Getting Sentimental over You", gustoso omaggio a Erroll Garner – e inserisce spesso citazioni (il riff di "C–Jam Blues" in "Alessia's Blues") molto efficaci. Fra gli altri standard ricreati dal trio mantovano troviamo una brillante interpretazione di "Minority" – del dimenticato Gigi Gryce – un riflessivo e lirico "Skylark" e "Dolphin Dance", elegante valzer di Herbie Hancock.
Nei brani originali Caniato si diverte con il gustoso medium "Alessia's Blues", rivisita in "Latin Speech" il bop latino di "Un Poco Loco" – uno dei vertici dell'arte powelliana – e chiude il disco con il grintoso "Andrew's Bounce", durante il quale 3/4 e 4/4 si susseguono con una sicurezza che da sola evidenzia l'alto livello d'integrazione raggiunto dal trio.
Basso e batteria non sono, infatti, semplici accompagnatori. Sono partner dialettici in grado di percepire per intero il discorso del solista e di integrarlo con figure ritmiche e melodiche molto appropriate, che non sottraggono mai swing all'esecuzione. In tutti i brani Marco Cocconi suona il basso elettrico. Il mio orecchio (amante del legno) ha accettato questa piccola 'eresia' per due motivi. Il suo suono è scuro e netto, corposo, mai distorto. Non è un chitarrista mancato: nell'accompagnamento e nei soli non abusa del registro acuto e suona con gustosa concisione melodica. Alla batteria, Riccardo Biancoli bilancia la carnalità del suono di Cocconi con la preferenza per timbri chiari e un tocco molto levigato. Mai invadente, è sempre in grado di accompagnare e suggerire le dinamiche più appropriate. Oltre a possedere uno swing incisivo (necessario per assecondare Caniato) ascoltare e valorizza il lavoro dei suoi compagni.
"Alessia's Blues" è un disco che ho ascoltato con molto piacere, legato alla tradizione con la freschezza e l'originalità di chi ha assorbito il dettato dei maestri del passato elaborando un linguaggio sentito nel profondo. Spero che emerga in mezzo alla caotica produzione della Splasc(H) Records; lo merita.


– "JAZZIT"
Il pianista Stefano Caniato sembra davvero aver trovato la sua dimensione ideale, costruendo insieme al bassista Cocconi e al batterista Biancoli un gruppo che suona come un corpo unico, dove l'interplay è praticamente perfetto. Nella loro musica, gran parte della quale è opera dello stesso Caniato, sono molto evidenti la preparazione classica dei musicisti e l'amore per il blues. Un disco di facile ascolto dove gli artisti non vanno mai sopra le righe, dove gli assoli sono sempre misurati e non stucchevoli, dove il rispetto reciproco permette alla musica di respirare liberamente.


– "Ritmo" – Luigi Guicciardi
Con candore disarmante, Caniato dedica il suo lavoro alla moglie e soprattutto ad Alessia che appare in fotografia pressoché neonata. Sono cose che fanno bene a chi legge abitualmente i dotti sproloqui delle presentazioni. Altrettanto sobrio è il presentatore ufficiale Giorgio Signoretti. Il quale scrive una cosa imporatante, e cioè che il trio – e noi aggiungiamo: anche nel classico può costituire un'orchestra. Dipende da chi suona e soprattutto da chi scrive musica. Queste anime cortesi mantovane, Stefano Caniato al piano, Marco Cocconi al basso elettrico con funzione anche di chitarra, Riccardo Biancoli alla batteria, ci riescono con una disinvoltura che maschera una serrata preparazione. Il trio ha tutti isuoi organi a posto, cervello, muscoli, cuore. Originalmente Caniato, autore di sette titoli su undici, presenta due medley personali, che se fossero di più avrebbero lo stesso senso delle promenades con le quali Mussorskij introduce i suoi "Quadri di un'esposizione". In effetti Caniato le intitola "Entrada 1" e "Entrada 2". A noi il disco è piaciuto, e molto. C’è persino dell’autentico blues, proprio in "Alessia's Blues", dove il discorso melodico è introdotto, e a lungo, dal basso, sorretto dal piano con accordi brevi e ostinati, alla Monk: la batteria vive di sottili bacchettate, e va a finire con un’implacabile progressione fra l’entusiasmo generale di tutti. Nella prima medley compare "How deep is the ocean"(Berlin), nella seconda "What kind of fool am I?" (Bricusse–Newley), dove di nuovo il basso canta a distesa. Non manca l'umorismo, dato che "I'm getting sentimental over you" è presa come un ballabile stile anni '30, ma allegrissima, a differenza di allora, e con un immane lavoro della ritmica. Basta così, se no mi sgridano, ma è un peccato.


– "La Prealpina" – Davide Ielmini
Una formazione vivace, schietta, sincera, alla quale Stefano Caniato ha imposto la sua impronta: un jazz volto al cambiamento, non certo repentino ma ragionato; una musica che non respinge il progresso, se con tale termine si intende la riflessione cerebrale raccolta in un nido di estrema sensibilità. Caniato, che meriterebbe maggiori attenzioni e che magari, con un viaggetto in Francia, si troverebbe un contrattino di una major in tasca, possiede un tocco pianistico originale e facilmente riconoscibile. Pianista bianco ma non troppo evansiano (se non nelle sfumature delle ballad); capace di escogitare passaggi armonici fragranti e a tratti ironici, sfrutta la sua massima abilità nell'estensione melodica. Meglio, caniato sembra concepire la melodia come l’elemento fondamentale dal quale partire e al quale puntare con particolare testardaggine, ma in questo lavoro senza troppe romanticherie. Ha deciso di inoltrarsi in vicoli per lui, prima d’ora, sconosciuti: il suono si è fatto più "duro", più tenace, forse in parte più progettuale. La facilità, che nei precedenti lavori poteva essere considerata una sua caratteristica, ora è sfumata a vantaggio di un interplay solido e compatto. Inventivo negli standard –"Dolphin Dance" di Hancock su tutti – da seguire nelle sue composizioni: "Alessia's Blues", "Tricky Ricky", "Henry’s Tune", "Latin Speech" e "Andrew's Bounce". Sono vere schegge di bellezza.


Il disco Alessias' Blues è segnalato su "Direct Reflection" (La rivista della BOSE) n. 11–12–13/2001